In giorni di morti e di bombe e di politiche brutali, ma anche di tragico oscurantismo, di ragionamenti schematici e semplificatori, proviamo a proporre, grazie alla rappresentazione cinematografica, una lettura ulteriore di cosa significhi il termine guerra. Da qui l’urgenza – contingente, esistenziale, drammatica – del dittico in rassegna il 17 e il 18 marzo.
“La debolezza è forza, e la forza è niente” (Stalker)
L’infanzia di Ivan è il primo lungometraggio di Tarkovskij, il più importante regista russo del secondo novecento. I suoi capolavori ( tra gli altri Andrej Rublev, Lo specchio, Stalker, Solaris, Nostalghia) ci regalano una poesia senza tempo sotto ogni aspetto, opere in naturale opposizione tanto al cinema commerciale e frivolo (l’amusement dell’industria culturale) di matrice occidentale, tanto agli schematismi ottusi del realismo socialista, unica possibile “via ” percorribile in Unione Sovietica da Stalin in poi. Il film non piacque in patria perché poetico e non patriottico, pur rappresentando la controffensiva dell’armata rossa sui nazisti; fu difeso in Europa da Moravia e Sartre, anche se Tarkovskij comprese soltanto della prima difesa, reputando quella del francese intellettualistica. Nonostante sia un film di guerra e sulla guerra, vi è forse uno dei baci più belli della storia del cinema.
L’infanzia di Ivan, di Andrej Tarkovskij
1962, URSS,
B/N, v.o. sott.ita
95 minuti
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