La rete cittadina

La rete cittadina dei beni comuni napoletani è composta dagli spazi urbani che erano caduti in disuso e che libere cittadine e cittadini hanno restituito all’uso collettivo, valorizzandoli e restituendoli al libero attraversamento di tutta la comunità. Questa pratica, improntata all’emersione spontanea e dal basso, caratterizzata dalla riqualificazione e risignificazione dello spazio pubblico ha trovato, poi, formulazione in un istituto giuridico riconosciuto dalle autorità territoriali competenti, noto come “bene comune urbano d’uso civico”, caso studio in Italia e all’estero, a partire dal 2012.

Cos’è un bene comune?

Secondo l’economia sono comuni tutti quei beni che usiamo insieme (parchi, pascoli, atmosfera, mari…) ma che, e qui sta la difficoltà insita nei beni comuni, se chi li utilizza è animato solo dal proprio interesse e non da quello comunitario, rischiano di essere distrutti, dall’incuria e dal disuso, sebbene nessuno ne voglia la fine. Per preservare un bene comune è, quindi, necessario uno scarto valoriale che guardi a quel bene non più come bene di nessuno, di cui fruire liberamente, ma come bene di tutti, quindi anche nostro, e delle generazioni che ancora devono arrivare, pertanto da curare e preservare.

Un bene comune è l’acqua, il lavoro, il patrimonio culturale, il territorio, le spiagge: la comunità, noi. Sono comuni tutti quei beni che appartengono a tutta la comunità e il cui uso non si può ricondurre a una sola persona né esserne controllata la fruizione (p.e. la luce dei lampioni). I beni comuni, dato il loro fine alto, sono per loro stessa natura di tutti e giammai di qualcuno in particolare: ragion per cui sono destinati a rimanere comuni e non possono essere assegnati a qualcuno privando del loro uso, anche temporaneamente, qualcun altro. Perciò questi beni speciali sono comuni e non possono mai esser privati. Il loro uso può, anzi deve, essere regolato ma per garantire resti immutata la loro natura: ovvero che siano e restino inclusivi e includenti e mai possano essere escludenti o esclusivi, nemmeno temporaneamente o per volontà della comunità che li vive in un dato momento e che è sempre mutabile (in tal senso non esiste un direttivo, e nemmeno una comunità interna e una esterna ai beni comuni, ma tutt* ne sono parte, sempre, e possono parteciparvi). I beni comuni, che possono essere sia materiali che immateriali, in tal senso si definiscono d’appartenenza collettiva e la loro gestione e utilizzo dev’essere condivisa e (com-)partecipata e mai esclusivamente solo di qualcun*.

Cosa si intende per beni comuni urbani napoletani?

Nel 2011, gruppi di cittadini hanno individuato questi beni in disuso insistenti intorno alla città metropolitana di Napoli con l’intenzione di valorizzarli e riportarli alla pubblica fruizione. Si sono, quindi, autorganizzati in comunità per ripristinarne il valore d’uso a cui erano votati questi beni e restituirli all’intera cittadinanza attiva. Con un atto di disobbedienza civile, questi corpi vivi del tessuto umano sul territorio si sono mobilitati e, dandosi delle pratiche virtuose di autoformazione e autorganizzazione, hanno dato vita a percorsi di rigenerazione urbana e umana e di sviluppo civico, formando, dal basso, delle vere e proprie comunità, libere e orizzontali, intorno a uno spazio, che il Comune di Napoli ha riconosciuto meritevoli del comune interesse perché venissero tutelati al meglio. Napoli è stata la prima città italiana a istituire un apposito Assessorato ai Beni Comuni, e ha modificato lo Statuto Comunale, introducendo fra i valori fondamentali della città la categoria giuridica del bene comune. Il presente sito si occupa, appunto, di consentire ai beni comuni urbani napoletani di autonarrarsi e comunicare più diffusamente possibile le proprie attività, lasciandone traccia per meglio consentire il passaggio di questa buona pratica, la cui validità cresce con la sua diffusione.


Per stampare la tua copia della guida per visitare i beni comuni a Napoli:

Mappa Beni comuni (Formato Brochure pieghevole)

Scheda sintetica delle attività presenti nei beni comuni