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Dolce Terranostra mia: I mercatino di RIVOL_TERRA

Domenica 6 giugno 2021 si è svolto a Terranostra, a Casoria, il primo mercatino di Rivolterra. Terranostra è ancora un bene comune campano non riconosciuto, ma già emergente da ben sei anni.

Ex base di stoccaggio militare in disuso, è stato ripristinato, liberato e funge da presidio con le sue varie iniziative. Una spianata di verde, strappato all’incuria e ai roveti spontanei, accoglie gli attraversatori. Un pratone continuamente decespugliato, che annualmente si trasforma in fieno per animali, è il cuore pulsante di questo bene comune: un palco naturale nel quale potervi vedere, riunire, incontrare in sicurezza e ospitare varie attività. Come un mercatino altro che possa offrire ospitalità ai microproduttori agricoli che vogliono rappresentare un’alternativa anche all’industria alimentare bio, rifiutando il ricatto delle costose certificazioni e preferendo creare un mercato di relazione, dove ci sia fiducia fra imprenditori diretti e consumatori.

Che, ovviamente, in questa sede sono molto che semplici clienti, ma aderenti e soci che si mettono in relazione in questa filiera alternativa e fiduciaria (come una blockchain relazionale), dove ciascuna maglia è legata all’altra da un doppio filo reciproco e non scioglibile. A Rivolterra confluiscono varie esperienze che, negli anni, hanno caratterizzato il movimento che promulga la sovranità alimentare, in contrapposizione alle logiche di mercato, alla Grande Distribuzione, al consumo fuori stagione, allo spreco alimentare. Fra gli stand, infatti, era possibile riconoscere varie facce note di questa corrente sotterranea che attraversa e si ritrova il tessuto sociale dell’attivismo campano: c’era la Ragnatela, c’era Cortocircuito Flegreo, c’erano le birre artigianali, c’era il Collettivo Utopia con la sua Radioplaza.

C’era la cooperativa di commercio equosolidale della Cooperativa Sociale e’ pappeci e c’era il G.A.S. (gruppo d’acquisto solidale) de I Friarielli, a fare da punto di distribuzione della arance di Rosarno, la cui rivendita, in quest’occasione, serviva, insieme alla rivendita del vino Sangiovese imbottigliato, travasato e venduto in cambio d’offerta consigliata in quest’occasione, ad autofinanziare la gira de la vida degli Zapatisti: una carovana già in cammino, o meglio, in transoceanica, direttamente dai caracol del Chiapas, il cui sbarco sui nostri lidi è previsto per settembre, e dalla quale si attendono confronti, formazione ed esempi di nuovi modi di relazionarsi, declinare la cittadinanza attiva nel riconoscimento e rispetto di minoranze e alterità culturali: insomma, che portino con sé, facendo a ritroso il viaggio colonizzante di Colombo, in dote nuovi strumenti e anticorpi per contrastare quegli automatismi che minano il comune ben vivere (che dei beni comuni è il fine ultimo e cardine principale attorno al quale si ruota).

A questo stesso autofinanziamento era destinato l’annuale prefinanziamento, da un paio di mesi conclusosi, del caffé rebelde y zapatista Tatawelo, che col suo esempio, rappresenta una valida alternativa alle logiche di mercato, garantendo uno stipendio dignitoso a tutti i lavoratori della filiera, riducendo al massimo gli sprechi alimentari, adottando politiche di packaging e non solo che siano sempre ecosostenibili: se, va da sé, ai prodotti c.d. coloniali e che non possono che essere tali perché non producibili nel nord del mondo, non è applicabile il principio virtuoso del KM 0, in questo caso si adotta quello del KM 0 politico (che è lo stesso motivo che porta a preferire l’acquisto di arance che provengano da lontano se però questo significa aiutare l’esperimento di inclusione di Rosarno).

E’ così che si è potuto finanziare la Gira Zapatista (o Viaggio por la Vida), attraverso queste varie modalità:
– l’acquisto del caffé equo solidale ‘Denominazione d’Origine ribelle – il Café rebelde zapatista’
– l’acquisto delle ‘Cartas rebeldes’, per una lettura altra dei tarocchi
– il vino della Girza Zapatista 2021 (questo sì a KM 0)
– le arance e le cipolle di S.O.S. Rosarno

Oltre a ciò, questo primo esperimento di mercatino alternativo ribattezzato ‘Rivolterra’, è stat l’occasione per sostenere le autoproduzioni, le piccole produzioni artigianali e le produzioni indipendenti.

RIVOLTERRA unisce contadin*, consumator* critic*, attivist* politic* uniti dall’idea che a partire da un cibo sano e accessibile a tutt* si possa arrivare a instaurare relazioni sociali e circuiti economici alternativi a quelli dominanti. Obiettivo prefisso è la costruzione di una rete che unisca esperienze rurali di agricoltura contadina e autoproduzione, a collettivi politici, individui, realtà attive nella gestione, autogoverno e cura dei beni comuni, degli spazi sociali, gruppi di acquisto solidale e consumo critico, esperienze di lavoro in autogestione.
In tal modo, si spera di costruire una piattaforma economica e politica per praticare solidarietà attiva verso le contadine del nostro territorio che producono cibo genuino nel rispetto della natura, del lavoro e della dignità umana e praticare forme di coprogettazione e gestione comunitaria di filiere agro-alimentari. Perseguendo la tensione volta al tentativo di autodotarsi di quegli strumenti capaci di promuovere il diritto di tutte e tutti di accesso a un cibo sano e il radicamento popolare di reti alternative di produzione, diffusione e fruizione di cibo, come strumento per la costruzione di relazioni sociali fondate su principi di solidarietà, rispetto e mutuo aiuto, l’eterogenea e porosa comunità transfemminista (ogni martedì Terranostra è uno spazio separatista per garantire un’antitrigger zone e una zona safe in cui il cispatriarcato sia, almeno una volta a settimana, respinto recisamente)

di Rivolterra ha pensato bene di riunirsi e, attraverso il genio collettivo, pervenire alla redazione di un manifesto che puntualizzi cosa non vada nel mercato alimentare, cosa si intende fare per rimediarvi e quali siano i principi e valori condivisi schierati in loro opposizione:

1. Pratiche e relazioni trasparenti, leali e cooperative, grazie ad attività di co-progettazione e co-produzione, scambio e mutuo aiuto per realizzare filiere agro-alimentari alternative a quelle dominate da supermercati e GDO.
2. Partecipazione attiva e consapevole al percorso politico in costruzione, favorendo spazi e canali di discussione e soluzione collettiva, inerenti le problematiche e le contraddizioni che possono emergere durante le stesse pratiche.
3. Sostegno alle esperienze produttive individuali e cooperative basate sul lavoro autonomo e/o in autogestione caratterizzate da rapporti lavorativi – di produzione e di riproduzione – orizzontali e/o incentrati su criteri di equa retribuzione del lavoro e di rispetto della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici, orientate al superamento di ogni forma di sfruttamento e di discriminazione.

foto di Adriano Cozzolino

4. Sostegno ad autoproduzioni, piccole produzioni artigianali, produzioni indipendenti, soprattutto provenienti da percorsi politici aggregativi.
5. Priorità ai produttori e alle produttrici locali (km 0 territoriale) che condividono questi principi e sostegno alle produzioni lontane geograficamente, ma vicine politicamente attraverso acquisti collettivi (Km 0 politico).
6. Supporto alle produzioni provenienti da agricoltura biologica, organica, naturale e agroecologica, con riguardo alle componenti ecologiche ed energetiche della produzione (ad es.: processi di recupero e smaltimento dei residui; energia da fonti rinnovabili…), e con un’attenzione privilegiata per realtà che promuovono varietà antiche, tradizionali e locali.

7. Non è ammessa la compravendita: chi partecipa porta solo i propri prodotti. Nella promozione di iniziative della rete, per promuovere la realizzazione della autodeterminazione alimentare e l’accesso al cibo, la rete collettivamente valuta l’inclusione di prodotti di produttori e produttrici esterni/e e ne determina la logistica e il prezzo.
8. Evitiamo imballaggi in plastica o altro materiale impattante e monouso; sosteniamo ed attuiamo la strategia “Rifiuti Zero”
9. Sostegno politico e civile alle lotte contro sistemi fondati sul profitto, sullo sfruttamento delle persone, degli animali e dell’ambiente, e supportiamo progetti di mutuo soccorso e conflitto finalizzati ad attuare tali scopi;
10. Pratica del prezzo narrante e trasparente, sull’intera filiera.Per partecipare al mercatino bisognerà che i/le partecipanti sottoscrivano il manifesto dei principi della rete.
Chiunque si sia perso questo primo appuntamento può rimediare contattandoli all’indirizzo mail: rivolterra@inventati.org.

A questo primo incontro conoscitivo, oltre alle realtà di cui sopra, era presente anche parte della comunità dell’Asilo e, in particolare, coloro che sono parte dell’esperimento della Tela, ormai sempre più a suo agio a contaminarsi con altre realtà, nella sua opera di traslazione dall’on line all’off line e quindi nella III dimensione. Dopo aver sostenuto le legittime e condivisibili rivendicazione del coordinamento dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo, infatti, con i venerdì della freva, la Tela e, in particolare, quel corpo mobile che l’attraversa o vi confluisce, nota come Cronache del Suono Sospeso, si è mobilitata per catalizzare, con il suo modo di coniugare partecipazione e generatività artistica, oltre che impegno sociale e politico, l’attenzione su Rivolterra.

Dopo, infatti, il cerchio assembleare conoscitivo, in cui tutt_ si sono seduti in torno a due grandi alberi e si sono presentati, facendo la reciproca conoscenza, e dopo un gustosissimo e conviviale pranzo, in sicurezza, rigorosamente a KM 0 e con vettovagliamento plastic free (la raccomandazione, infatti, era partecipare tutt_ a rendere l’evento #rifiutozero, pregando ciascuno di portarsi piatti, bicchieri e posate personali, per limitare l’uso delle stoviglie biodegradabili lì a disposizione, ma che comunque rappresentano un rifiuto), si è passati a una serie di giochi per interagire a conoscersi, che fossero sia un ice break che un modo simpatico per fare la reciproca conoscenza.

Dopodiché, sempre in diretta su radioplaza, la Tela si è esibita a microfoni aperti, declamando i dieci punti del manifesto di Rivolterra, di cui sopra, cui si sono aggiunte digressioni amene e goliardiche (le spiegazioni su cos’è il prezzo trasparente, definizioni spontanee di quale e se esista un lavoro che non si presta a sfruttamento) poesie, estratti di libro, e canti. Sempre e rigorosamente senza verticismi, anzi, fra pari, con orizzontalità, senza obblighi di prestazioni né direzione artistica, incentivando lo spontaneismo e accogliendo l’improvvisazione, il tutto accompagnato da esibizioni live di attrici, cantanti e suonatrici, oltre al sottofondo dei flussi sonori presenti sulla Tela.

Rivolterra è stata, quindi, l’occasione assai gradita per parti mobili e attive dei beni comuni e della meglio società civile per uscire un po’ dal centro storico napoletano e spingersi in un avamposto della periferia urbana, consentendo un passaggio di conoscenze, ossigenare i cervelli ormai allentati dalla pandemia, e tornare a godersi, in comunità, l’aria aperta e la natura liberata, stesi su un prato, all’ombra di un albero, camminando, facendo skating con i ragazzi del rione o giocandoci a basket, ammirando i murales che hanno sostituito le scritte militari, accampati, fra i bambini che tornano a scoprire la libertà del verde, sempre più sconosciuta in città.

Foto di Lucrezia Maria Pisano

Ai fini di tutto questo, poco o nulla rileva, ancora una volta, se Terranostra sia o meno un bene comune riconosciuto, quando e come lo sarà (cosa che ovviamente ci auguriamo, ma il legislatore, comunale o nazionale, registra sempre un clamoroso ritardo rispetto al fenomeno che dovrebbe riconoscere… e che, stanco d’attenderlo, si riconosce da sé, autodeterminandosi, ovvero compiendo, collettivamente, lo stesso iter parallelo che fanno i sostenitori di Rivolterra, produttori o consumatori, con una visione olistica e critica delle scelte di consumo che il mercato ci cala dall’alto): nella pratica lo è già, e tale è riconosciuto da chi si interfaccia con essa. Cos’altro importa?

Cos’è Terranostra?

Verde liberato autogestito di via G. Boccaccio, Casoria (a 200mt dalla stazione F.S. Casoria-Afragola), Terranostra si autodichiara bene comune e spazio di mutuo soccorso dell’area nord di Napoli. Terranostra occupata è un esperimento di governo dal basso di una risorsa territoriale che per decenni è stata chiusa e abbandonata. La comunità presente qui puliasce e presidia un’area rurale di circa quattro ettari compresa in un ex deposito militare di carburante, al fine di scoraggiare sciacalli e palazzinari dal realizzare sversamenti e progetti speculativi. L’intenzione che li spinge è quella di restituire questo spazio alla popolazione locale, attraverso questionari e il coinvolgimento in dibattiti,e eventi, laboratori e processi di nuova socialità. Vi stanno realizzando, inoltre, grazie all’aiuto di professionisti solidali, delle analisi del suolo per capire se è possibile costruire insieme orti comuni.

A tal fine, si ricorda, ancora una volta (oltre che in due passate newsletter), l’iniziativa GIU’ LE MANI DAI BENI COMUNI: “dopo gli ultimi atti repressivi subiti, la comunità di Terranostra ha presentato una richiesta di petizione popolare per ottenere un consiglio comunale sulla modifica del “regolamento sulla collaborazione tra i cittadini ed amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani” al fine di inserire all’interno dello stesso l’istituzione del “uso civico e collettivo dei beni comuni urbani”, ampliando il regolamento attuale con le proposte avanzate dalla comunità”.

Ove si volesse contribuire a questo riconoscimento, è possibile (e utile) firmare la petizione, postare una foto con un foglio con su scritto ”GIU’ LE MANI DAI BENI COMUNI – TERRANOSTRA VERDE LIBERATO AUTOGESTITO ” e taggando Terranostra. Petizione che, tra l’altro, sta girando nelle piazze di Casoria, cercando il sostegno che le occorre.